Nitti, la voce italiana del liberalismo atlantico

Un pubblico attento e numeroso è intervenuto alla presentazione del libroTra capitalismo e amministrazione, il liberalismo atlantico di Nitti” (edizioni Il Mulino) di Michele Cento, ricercatore presso l’Università di Bologna.

L’appuntamento culturale, organizzato dall’Associazione “Francesco Saverio Nitti con il patrocinio del comune di Melfi, è stato introdotto da Gianluca Tartaglia direttore della stessa che ha sottolineato come l’iniziativa rappresenti “una sorta di prologo di quello che l’Associazione Nitti organizzerà nel corso del 2018, anno nel quale si celebra il centocinquantenario della nascita dello statista melfitano”.foto-1

Presentando l’iniziativa  Giovanni Vetritto segretario del Comitato Scientifico della Fondazione Nitti e dirigente della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha affermato che “la monografia su Nitti liberale atlantico  rappresenta un punto di vista molto interessante e attuale sulla dimensione propriamente politica dell’attività dello statista lucano. Dimostra la piena partecipazione di Nitti a un movimento internazionale di rinnovamento del pensiero liberale a cavallo tra i due secoli. Riafferma, anche con significative puntualizzazioni filologiche, la prevalenza del suo approccio democratico rispetto a quello tecnocratico alle riforme istituzionali. Ne coglie la centralità nella vicenda storica della “altra sinistra” liberal-democratica e anticollettivista, schiacciata, proprio nell’età di Nitti, dal massimalismo socialcomunista.C’è da augurarsi che proprio in questa direzione prosegua il lavoro di ricerca di uno studioso come Cento, che con questo lavoro si propone come un importante esegeta dell’opera nittiana”.

 L’autore, sollecitato dalle domande dello stesso  Vetritto,  ha evidenziato nel corso della presentazione  del volume come “ Francesco Saverio Nitti è la voce italiana di un liberalismo atlantico che si afferma tra Otto e Novecento su scala transnazionale per governare e correggere le contraddizioni e le distorsioni del capitalismo industriale. Il liberalismo nittiano non arretra di fronte all’avanzata delle masse proletarie e l’esplosione della questione sociale, ma anzi da esse trae alimento per portare avanti un progetto di modernizzazione e democratizzazione del paese. Non le riforme per il popolo, ma attraverso il popolo e le «lotte feconde»: ecco la sintesi della «rivoluzione liberale» di Nitti, il segno della sua originalità nel panorama italiano. Quando negli anni Dieci Nitti diventa ministro e poi presidente del Consiglio, la rivoluzione liberale verrà affidata sempre più a un’amministrazione di tipo nuovo, che realizza una compenetrazione tra pubblico e privato, senza cedere allo statalismo. Un tipo di amministrazione, quella di enti autonomi come l’INA, che lascia in eredità al Novecento italiano un modello di governo del capitalismo, almeno fino all’irrompere del neoliberalismo “.   

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